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mercoledì 2 maggio 2012

Pane e bugie

"Io continuerò a consumare pesto. Non perché sia sicuro che sia innocuo, ma semplicemente perché mi piace e sono ragionevolmente convinto che non sia più pericoloso di altre cose consumo quotidianamente” (da Pane e bugie, di Dario Bressanini, Chiarelettere).

Cosa ordiniamo quotidianamente al bar quando siamo indecisi su cosa mangiare? Pane e bugie.
Bugie sono quelle che ci vengono raccontate quotidianamente su alimenti che ci fanno passare per miracolosi o mortali, che in realtà non sono. Sono semplicemente dei cibi che come tali vanno presi e consumati in moderazione. E con un equilibrio tutto può essere consumato. E dopo aver detto ciò cosa ci rimane? Delle grandi leggende metropolitane, e siamo noi a decidere se diventare critici oppure continuare a credere, classificando i cibi per buono o cattivo. Urge un vaccino, in tal senso. Il libro Pane e bugie è una lanterna che chiarisce scientificamente alcuni grandi casi – diventati mediatici – su alcuni alimenti. Ne abbiamo parlato con lo scrittore Dario Bressanini


Il suo libro evoca alla sana informazione come presupposto per una sana alimentazione.
Il mio invito è a non fidarsi troppo, crearsi un giudizio, porsi domande, non credere esattamente a tutto come viene descritto attraverso i media.
A chi è destinato?
A tutti, perché uno dei miei obiettivi è stato sfatare grandi miti e leggende metropolitane, sia sul cibo che sui sistemi di produzione, ad esempio il biologico o i kilometri zero.

Ne ha raccolte parecchie di grandi bugie nel suo libro.
Il libro ha preso alcuni casi in esame e di come è stata fatta informazione. Ad esempio, tanti pensano che lo zucchero di canna sia migliore di quello bianco. Non è vero. Oppure l’apporto nutrizionale del cibo biologico sia più elevato, in realtà di elevato ha solo il costo. Questa ‘cattiva informazione’ ha portato a catalogare tutti i prodotti in buoni o cattivi.
Ha notato una certa ansia generalizzata?
Certo. C’è l’ossessione che il cibo debba essere buono, che non faccia male alla salute. Inoltre c’è l’angoscia del non sapere più, a differenza di un tempo in c’erano le fattorie, da dove arrivano i prodotti. Questo spaventa.
A suo giudizio il cibo è controllato?
Direi iper controllato. Se facciamo un confronto con un tempo ora ci sono sicuramente più controlli. Abbiamo però perso la memoria storica di quella che mangiamo. Le faccio un esempio: ora si parla solo del latte crudo. Si beve solo pastorizzato ma è una mitizzazione, un tempo non era così.
E sul pesto?
Grande scandalo! Si è venuti a scoprire che il pesto giovane in grandi quantità ha sostanze cancerogene. Quindi? Titoli sui giornali ‘ Il pesto è cancerogeno” (anni 2005-2006). In realtà se consumato con equilibrio – e cioè non tutti i giorni dalla mattina alla sera – il pesto non ha questi effetti. Solo che i giornali quando hanno dato la notizia non si sono premuniti di fare una ricerca scientifica sulla cosa.
Sul glutammato altro grande caso…
Sì, ma in pochi sanno che in Cina viene utilizzato normalmente – per insaporire i cibi – dal 1907.
Però da noi in Occidente c’ è una diffidenza che non ha basi. E questo cosa ha portato? Basta dadi a base di glutammato. Sapete qual è il cibo con il più alto tasso di glutammato? Il formaggio Parmiggiano.   
Quindi il problema a suo giudizio è alla base, cioè nel verificare l’informazione, soprattutto a livello scientifico, prima di renderla pubblica e creare giudizi avventati?
Nelle redazioni non ci sono più i redattori scientifici e questo significa che le persone che maneggiano questi temi quotidianamente non siano competenti. Ci vorrebbe più rispetto per il lettori, verificando sempre quanto l’informazione sia vera e quanto di scientifico ci sia. Anche se la scienza a tempi lunghi gli scoop, come tutti sappiamo, no. E questi ultimi fanno vendere le copie. Quindi il mio invito è diretto al lettore: iniziamo a guardare con occhio critico le notizie che leggiamo o sentiamo quotidianamente prima di catalogare tutti gli alimenti in buono e cattivo.

Siamo circondati dal cibo. Noi Italiani non ne abbiamo mai avuto così tanto a disposizione e in tal verità, dal fast food di massa ai prodotti gastronomici di nicchia. La capillarità della reste di distribuzione ci consente di fare la spesa nei tipici mercati rionali in fornitissimi supermercati. Se prima della seconda guerra mondiale l’italiano spendeva per mangiare più della metà del proprio reddito, ora ne spende meno del 20%. Dovremmo essere contenti di poter scegliere senza aver troppi problemi ciò che intendiamo consumare, avendo a disposizione un assortimento senza precedenti. Eppure non siamo mai stati così ansiosi rispetto al cibo”. ( da Pane e bugie)



Dario Bressanini è ricercatore presso il Dipartimento di scienze chimiche e ambientali dell’Università dell’Insubria. Cura da diversi anni il fortunato blog “Scienza in cucina”.
Pane e bugie, Chiarelettere, pagg 320, 13.60 euro.

giovedì 26 aprile 2012

La prova del cuore

 Chef stellato di origini trentine, volto noto per la sua presenza nel programma La prova del cuoco, è titolare del insieme al suo fratello gemello del Ristorante di famiglia Orsogrigio di Ronzone. Ma grazie al suo nuovo libro, una raccolta di ricette, abbiamo scoperto molto di più di lui: che è una persona semplice e solare, legate alle origini, che ama scoprire, inventare, ma anche rimanere legato alla tradizione. E, soprattutto, quando gli chiedi aiuto non volta le spalle, proprio non ce la fa. Così ha detto lo chef Cristian Bertol quando l’abbiamo contattato, qualche giorno fa, e nella Val di Non nevicava ancora: abbiamo parlato del suo nuovo libro, di ricette, di cucina. E dopo la chiacchierata mi posso ritenere soddisfatta:  perché condividiamo la stessa passione per lo strudel alle mele: amiamo cucinarlo con gli stessi ingredienti e la stessa semplicità, anche se le sue dritte, come leggerete, sono fondamentali per una sorprendente riuscita.



Cristian, partiamo dal tuo nuovo libro: una raccolta di 60 ricette, dal titolo la Prova del cuore.
L’idea nasce dall’amicizia forte con il Presidente della Fondazione Trentina per l’Autismo. Era da tempo che parlavamo di cosa potessi fare io per loro. Alla fine, con molto impegno, ho deciso di fare questo libro, che nasce proprio per aiutare loro (il ricavato del libro va interamente alla Fondazione, ndr). La prima edizione è stata solo regionale: abbiamo venduto ventimila copie in quattro mesi. Con Giunti poi abbiamo pensato di estendere il progetto a livello nazionale.
Chef e scrittore?
L’ho fatto per solidarietà. A me piace cucinare innanzitutto. Non ho mai pensato di scrivere.
Ho trentotto anni e di libri di cucina li scrivono tutti. Quindi non ho mai sentito l’esigenza di prendere in mano la penna per scrivere un libro di mio pugno. Anche perché di carattere io cerco sempre di imparare, non di insegnare.
Com’è stato lavorare al libro?
Un impegno enorme, veramente. Lavoravo tutto il giorno e poi nelle ore libere mi dedicavo al libro. Dormivo poco, ma in compenso mi sono divertito tanto a realizzarlo. Sono riuscito anche a valorizzare molti aspetti della cucina trentina a cui io sono legato.
Un seguito al tuo libro?
Perché no. Mi piacerebbe tanto.
Cosa ti piace cucinare?
Amo cucinare in generale, amo creare come il bambino si diverte con il Pongo, esattamente come un gioco. Ma se devo scegliere un piatto mi piace proporre la carne salada con la marinatura al TrentoDoc, accompagnata, in base alla stagione, da asparagi bianchi o carciofi. Io adoro i carciofi di Albenga.
L’ingrediente che non manca mai nella tua cucina.
L’olio d’oliva di Riva del Garda. E’ un buon olio, ‘ruffiano’, non è molto carico, dolce ma ha carattere.
Quali sono i piatti da rivalutare sulle nostre tavole?
Quelli della tradizione povera, ad esempio la lingua di vitello, la guancia di bue.
Quanto il Trentino c’è nei tuoi piatti?
Tantissimo, l’ottanta per cento. Ho girato tanto per lavoro e sono cresciuto professionalmente con la convinzione che le tradizioni sono importanti e noi chef dobbiamo conservarle, grazie alla cucina. In generale poi io non sono uno legato alla moda.
Come definiresti quindi la tua cucina?
Semplice ma con gusto.
Che piatto consiglieresti ai lettori di cucinare in famiglia?
Non ho dubbi, lo strudel. E’ un piatto che vince su tutto. Cucinato con la mele renetta e con pochi ingredienti, perché è lei la regina del piatto. Io ci aggiungo pinoli, uvetta e cannella, e al posto della pasta sfoglia io faccio la pasta matta – che si chiama così perché quando la tira da una parte si ritira dall’altra – composta da acqua, olio di semi, farina e aceto di mele.
E per una cena ‘a due’?
Io sono un romanticone quindi vi consiglio un sufflè al cioccolato dal cuore tenero abbinato ad un buon moscato giallo del Trentino.
In entrambi i casi hai consigliato due dolci..
Condivido una regola fondamentale della cucina: i commensali si ricordano sempre il primo piatto e l’ultimo. Per questo secondo me sono molto importanti i dolci. E poi nel caso della cena ‘a due’ ricordo a tutti gli uomini che le donne si prendono per la gola!

Nel volume, pubblicato da Giunti Editore con Rai Eri, Cristian si racconta: la dura scuola di suo padre, le prime esperienze lontano da casa già a 16 anni, l’apprendistato presso i cuochi più importanti d’Italia e del mondo fino al ritorno nella sua Val di Non, la Stella Michelin, l’apertura - con l’adorato fratello gemello Renzo - dell’hotel 5 stelle accanto allo storico ristorante di famiglia, l’esperienza della tv, che lo vede ogni settimana alla Prova del Cuoco.



La prova del cuore. Le mie ricette, la mia passione, Editore Giunti, pagg 160, 16,90 euro

giovedì 12 aprile 2012

Il miglior libro per... CHIARA MACI

Se vi dico: esperta di comunicazione ed eventi, sommelier, critica gastronomica,  foodbloogger fondatrice e curatrice del famoso sorelleinpentola.com, chi vi viene in mente?
Tutto questo è Chiara Maci, giudice della trasmissione di successo su La7 Cuochi e Fiamme, in onda tutte le sere alle 18.40, condotta dal cuoco Simone Rugiati.
A distanza di  alcuni mesi dall’uscita del  suo primo libro la incontriamo per parlare di libri – sì, ama leggere e tanto – e di scrittori.
Si è rivelata un’intervista golosa, paragonabile ad un muffin caldo al cioccolato.


Chiara, iniziamo dal tuo rapporto con la lettura?
Meraviglioso fino a qualche anno fa. Il libro accanto al letto era un must. Era il momento di distrazione prima di addormentarmi. Ora mi ritrovo a passare pomeriggi in libreria, tornare a casa con decine di libri e non riuscire a cominciarne neanche uno.
Ho realizzato che amavo leggere fin fa ragazzina. Ma non ho mai letto romanzi o storie di fantasia. Amavo – e amo tuttora-  i libri biografici, quelli legati a storie vere, quelli scritti da giornalisti. Non sopportavo l'idea di leggere libri "inventati" e questa cosa mi è rimasta negli anni. Ancora oggi ho una libreria piena di cronache giornalistiche, saggi e biografie e nessun romanzo (a parte i classici...). 
Fra i tuoi ricordi, qualcuno è legato proprio ai libri?
Ricordo la libreria di casa dei miei genitori, piena di ogni genere letterario possibile. E i miei pomeriggi adolescenziali alla ricerca del libro perfetto...
Quando e dove preferisci leggere?
Quando ho tempo per farlo e nessun pensiero. Quindi in vacanza, principalmente.
Rispondi di getto: un personaggio letterario a cui ti senti legata.
Don Chisciotte. Il pazzo cavaliere che vede il mondo con occhi diversi.
Qual è il tuo libro preferito?
Un uomo di Oriana Fallaci. Ho un legame con questo libro che non saprei spiegare. La Fallaci è anche il mio autore preferito, grazie a lei  ho imparato a scrivere.
Un libro mai finito di leggere.
Il nome della rosa.
E’ in tutte le librerie “In due c’è più gusto” il tuo primo libro, scritto a quattro mani con tua sorella Angela. Diventare scrittrice cosa ha significato per te?
Il primo libro forse è una delle più grandi soddisfazioni che si possano avere. Scrivo da quando avevo 15 anni e dentro di me sapevo sarebbe arrivato prima o poi questo momento.
E’ stato La realizzazione di un grande impegno e la consacrazione di un legame unico con mia sorella.


Che impegno è stato scrivere un libro?
Devo dire che la stesura del testo è stata estremamente semplici, perchè essendo abituate a scrivere ricette ogni giorno, prepararne centoventi in più per il libro è stato un gioco da ragazzi. Il momento più bello è stato quello precedente dello studio del progetto, della scelta degli argomenti, dei titoli divertenti, degli spazi dedicati a noi.
Il libro ha un'impostazione particolare, un ingrediente rivisitato secondo Chiara ed Angela, messo a confronto e completato da un ricordo personale. Struttura interessante, perchè vi distingue dal resto dei libri di ricette.
Volevamo essere facilmente fruibili al lettore, attraverso la scelta dell'ingrediente e non della portata. E ci sembrava necessario aggiungere un ricordo personale, esattamente come nel nostro blog. In fondo le persone che ci seguono sono ormai legate a noi, conoscono la nostra vita e i nostri aneddoti e sono curiose di conoscerne sempre di nuovi.
Quindi ad ogni ricetta un ricordo, come se in ogni  creazione in cucina ci sia un po' - e lasciate - un pezzetto della vostra vita.
Sì, ogni piatto è legato ad un ricordo. Se parlo di sarde, penso immediatamente ad un piatto terribile preparato per una persona speciale un mese fa, se mi nomini la parmigiana mi riporti indietro di venti anni alle estati Agropolesi, se parliamo di tortellini, il ricordo di Bologna e dei miei nonni è ancora vivo. E così per tutto ciò che creo ogni giorno.
In ultimo, qual è il tuo piatto preferito, la ricetta che cucini per chi ami?
La parmigiana di melanzane vince su tutto. Ma l'importante è che siano piatti semplici, anche creativi ma con rispetto della materia prima. Per le persone che amo cucino di tutto, davvero. Ma con il cuore, sempre.

In due c'è più gusto, Pendragon, pagine 158, euro 15 

lunedì 2 aprile 2012

Il Gambero Equo

 No, no. Non è un pesce d’Aprile in ritardo. E’ il titolo di una delle nuove guide di Altreconomia Edizioni, un viaggio attraverso 200 ristoranti, locali, osterie, trattorie, bistrot, caffè, burrifici, chioschi italiani con un attenzione all'ambiente e alle persone. Locali in cui, secondo l’autore Umberto di Maria, ci si può sedere a tavola e nutrirsi di incontri, di prodotti, di Terra, simbolo di libertà, biodiversità, di unicità di territori, della cultura che li ha resi ricette e tradizioni, del sapere italiano di mettere insieme percezioni, sapori, metodi, gusto dello stare a tavola con lo sguardo, con le parole e i propri pensieri.
La guida si suddivide in 4 sezioni: il menù parte dai ristornati a km 0, che utilizzano prodotti del proprio orto o dell’azienda agricola confinante, a filiera corta; la seconda sezione riguarda la provenienza biologica dei prodotti portati in tavola; la terza è dedicata al cruelty free, ovvero a chi rispetta tutti i viventi senza cucinarli; l’ultima e quarta parte è incentrata sull’equo e solidale, ovvero qui si può trovare le recensioni dei ristoranti e locali che ti possono offrire una ottima torta fatta con zucchero di canna con cacao equosolidale.
Locali che hanno scelto un proprio e alternativo way of life da condividere con i propri ospiti mantenendo un livello di qualità del cibo proposto molto elevato.
L’ho trovato interessante innanzitutto per il gioco di parole del titolo (che richiama il famosissimo Gambero Rosso) e poi perché è una curiosa e valida alternativa in mezzo alle tantissime guide ai locali del nostro paese.

Quello che tieni insieme questo viaggio tra tavoli, posate e pentole è una parola sola: anima

Anima del cibo, la nostra anima, ovvero quanto possiamo stare bene in un ristorante, dall'accoglienza, all'ambiente e atmosfera, alla cortesia alla qualità del cibo proposto.
Per farsi veramente coccolare.



Umberto Di Maria è un abile cuoco e viaggiatore a piede libero, di professione giornalista. Si è occupato di progetti editoriali sociali e di turismo di comunità. E fra i fondatori del movimento di critica del turismo e dell'evento 'Fa' la cosa giusta!'.
Il gambero equo, 160 pagine, 10 euro, in libreria da Aprile 2012.