sabato 14 aprile 2012

Open

Oggi ho partecipato ad un matrimonio. Al nostro tavolo eravamo tutti amici con in comune la passione del tennis. Si è parlato di Agassi e di Open, la sua biografia.

“Odio il tennis, lo odio con tutto il cuore, eppure continuo a giocare, continuo a palleggiare tutta la mattina, tutto il pomeriggio, perché non ho scelta. Per quanto voglia fermarmi non ci riesco. Continuo a implorarmi di smettere e continuo a giocare, e questo divario, questo conflitto, tra ciò che voglio e ciò che effettivamente faccio mi appare l'essenza della mia vita“.

Quando l’ho letto mi hanno colpito due cose: lo stile gradevolissimo con cui si snoda la vita di un grande campione – il suo ghostwriter, non menzionato in copertina, è il premio Pulitzer J.R. Moehringer - e la sofferenza con cui descrive la sua vita, che coincide con il suo lavoro, fino al ritiro dai campi.  E francamente non ero pronta a questa tristezza mista ad ansia. 
Il piccolo Agassi inizia a giocare perché il padre capisce, con un semplice calcolo matematico, che se si allenerà in un certo modo tutti i giorni potrà sicuramente diventare un campione. 2500 palle al giorno, 17.500 la settimana, un milione all’anno. Semplice. Basta costruire un drago sputapalle e il gioco è fatto, il resto è solo impegno e costanza, tenacia.
Così Agassi inizia la sua carriera. Per non deludere le aspettative del padre-padrone, non perché volesse veramente giocare a tennis. E coincide con la nascita della sofferenza.
Un campione che ha avuto una carriera ribelle, stupefacente quanto sregolata. E più vinceva, racconta Agassi,  più cresceva il disagio. Un odio che non è mai diventato amore ma che doveva comunque – in qualche modo- esserlo, perché lui doveva giocare a tennis. Perché quello era il suo destino.

 “Dovrei essere contento ora che ho vinto uno slam. Lo dicono tutti. Io però non credo che Wimbledon mi abbia cambiato. Anzi, ho la sensazione di essere stato parte di un piccolo, ignobile segreto – vincere non cambia niente. Adesso che ho vinto uno slam, so qualcosa che a pochissimi al mondo è concesso sapere. Una vittoria non è così piacevole quant’ è dolorosa la sconfitta. E ciò che provi dopo aver vinto non dura altrettanto a lungo. Nemmeno lontanamente”.  

Sì, il tennis è stato per Agassi la vita, ma non per tutti la vita è semplice, non a tutti è concesso essere felice. Eppure al campione una porta, uno spiraglio si apre. Un modo per trovare un  suo equilibrio, il suo posto nel mondo. Si chiama Steffi Graf, campionessa di tennis, suo amore per molti anni non corrisposto, il ‘monumento della perfezione’ e  ‘la persona più straordinaria che abbia mai conosciuto’ – dirà Agassi più tardi della Graf.
Si ritira nel 2006 con alle spalle match incredibili con rivali storici come Sampras e Curier e  trasmettendo ai colleghi tennisti una grande verità: “Sentirete un sacco di applausi in vita vostra, ragazzi, ma nessuno sarà tanto importante per voi quanto l’applauso…dei colleghi. Spero che ciascuno di voi lo senta alla fine. Grazie a tutti. Addio. E abbiate cura gli uni degli altri”.
Un libro scritto con un’onestà ed una profondità umana fuori dal normale. Un caso unico nella storia della letteratura sportiva.   



Andre Agassi è l'unico giocatore della storia del tennis maschile ad aver vinto un Golden Slam più l’oro olimpico. Ha giocato da professionista dal 1986 al 2006. Attualmente vive a Las Vegas con la moglie, Stefanie Graf, e i loro due bambini.
Open, Einaudi, pag 504, euro 20 

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