martedì 22 maggio 2012
giovedì 17 maggio 2012
Il sogno della tartaruga
“Marco iniziò a surfare l’onda, come aveva fatto nei giorni precedenti, ormai era tranquillo e in simbiosi con quel posto. Risalì l’onda, poi la discese e vide qualcosa sotto di sé, di solito erano gli scogli del reef, invece stavolta c’era un corpo a pancia sotto, di un ragazzo dalla pelle scura, senza maglietta, con ferite lungo la schiena che formavano una X.” (da Il sogno della tartaruga di Alessandro Cimarelli)
Marco, una tavola da surf, il mare e la Repubblica Domenicana davanti a sé. Tanti gli incontri che farà durante questa “evasione” dalla quotidianità, tra cui una tartaruga che significherà molto per lui. Una viaggio verso la parte di noi messa a tacere, un viaggio in cui il protagonista riscopre se stesso ripartendo dalle piccole cose recuperando anche il suo destino.
Abbiamo parlato del libro con l’autore Alessandro Cimarelli.
Il sogno della tartaruga è la tua prima opera letteraria. Cosa ti ha spinto ad iniziare?
Ho iniziato a scrivere il libro subito dopo il mio viaggio nella Repubblica Dominicana. In quel mese in cui sono stato lì praticando windsurf e surf, sono successe diverse cose che mi hanno spinto a metterle su carta. All'inizio è stato un resoconto degli avvenimenti, ma più andavo avanti e più tutto si trasformava fino ad arrivare al romanzo che ho pubblicato.
Hai un modello a cui ti sei ispirato per scrivere il libro?
Non credo di avere un modello definito, ma penso che comunque sia stato influenzato dai libri che ho letto.
Cosa ci hai messo di tuo in questo libro?
Molto, anche perché la storia che racconto parte da avvenimenti che io stesso ho vissuto. Sicuramente scrivere il primo libro partendo da fatti veri o personaggi reali è più facile, diciamo che ci sono cose vere e altre completamente inventate. Ai lettori scoprire cosa è vero o no, chi poi sarà curioso di sapere di più può chiedermelo, sarò felice di rispondere e sicuramente curioso di sentire mi potrebbero chiedere.
Il sogno della tartaruga: ci spieghi cosa significa il titolo?
Nel libro il protagonista ha dei sogni premonitori legati ad una tartaruga con un segno bianco sul guscio.
Nel tuo romanzo parli di repubblica dominicana: è una terra a cui sei legato?
Mi piace molto viaggiare e appena ne ho la possibilità scappo dalla routine e dallo stress lavorativo, per praticare la mia grande passione, il windsurf. Sono stato nella Repubblica Dominicana nel 2007, in quel mese mi sono divertito molto e ho conosciuto molte persone che avevano il mio stesso spirito di vivere la natura e lo sport. L'ultimo giorno è accaduto un avvenimento che mi ha sicuramente legato a quell'isola e forse è stato lo stimolo per raccontare quel viaggio.
Qual è il messaggio ai tuoi lettori?
Che ad un certo punto della vita forse bisogna porsi delle domande: esiste il libero arbitrio? siamo liberi nelle nostre scelte?
Cosa vorresti che i lettori pensassero del libro dopo la lettura?
Mi piacerebbe che sentissero quello che sento io quando vado a fare un viaggio in quelle splendide località di mare. Magari che provassero quello che prova il protagonista nelle varie situazioni e che alla fine fossero felici di aver vissuto una piccola avventura.
Ti piace leggere?
Non leggo tantissimo ma lo faccio solo quando sono sereno, tranquillo mentalmente.
Il tuo libro preferito?
Negli ultimi anni un libro che mi ha davvero appassionato è stato "Io uccido" di Giorgio Faletti, sono stato coinvolto nella storia fino all'ultimo capitolo e l'ho letto in una notte, non volevo smettere. Poi c'è "Fight Club" di Chuck Palahniuk, mi piace molto anche il film che rispecchia il libro al 90%. Non voglio dimenticare il mio primo libro "Zanna Bianca" di Jack London che avrò sempre nel cuore.
L'autore preferito?
Giorgio Faletti è l'autore che mi ha coinvolto di più negli ultimi tempi, ma non so se posso definirlo il mio preferito, forse perché ancora non ne ho trovato uno.
Progetti dopo “Il sogno della tartaruga”?
Un’altra mia passione è il teatro. In questo periodo sto preparando due spettacoli di fine laboratorio e uno con la compagnia della mia scuola di recitazione. Ho comunque già un’idea per un altro libro, ma prima voglio vedere il riscontro e il ritorno de "Il sogno della tartaruga".
Alessandro Cimarelli è consulente informatico da 15 anni e ha un passione innata per i viaggi durante i quali scrive. Da due anni frequenta laboratori teatrali. IL Sogno della tartaruga è il suo primo libro.
Il libro si può acquistare su Amazon, LaFeltrinelli, Ibs, Bol, Wuz, Deastore, Webster, Libreria universitaria, Unilibro, Eprice, Dvd, italiadvd, Macrolibrarsi e Il Giardino del libri, Youcanprint.
domenica 13 maggio 2012
Semplicemente mamme
Un madre ad una figlia “Quando avrai dei bambini ricordati sempre che un genitore è come distributore di benzina. I figli all’inizio stanno con te poi se ne vanno in giro per il mondo, fanno la loro vita e qualche volta ritornano. Fai in modo che il distributore rimanga sempre aperto. Non inseguire i tuoi ragazzi. Rimani dove sei, pronta a dare loro sostegno quando te lo chiedono”.
Un padre alla figlia “Ti dirò quello che un giorno mia madre disse a me: “Sai cosa desidero davvero? Che tu rimanga semplicemente come sei stato fino ad ora, un figlio di cui andare orgogliosa. Non mi interessa che tu abbia successo o che tu sia il primo della classe, mi basta che tu faccia del tuo meglio e io sarò orgogliosa di te e ti amerò per sempre”.
Una madre a sua figlia “Non potevo credere di essere in sala parto. Partorire è un’esperienza sconvolgente, eccitante e angosciante allo stesso tempo. Non provai alcuna paura. Ero così felice di trovarmi lì, era tutto così elettrizzante. Mi vengono in mente le parole del medico mentre partorivo tuo fratello. Mi guardò negli occhi e disse “In meno di un’ora sarà mamma”. Non dimenticherò mai quel momento, uno dei più importanti della mia vita”.
Una suocera a sua nuora “Quando ti presento a qualcuno non so mai bene cosa dire. Questa è mia nuora, poi aggiungo, è anche la mia figliastra, ma prima di tutto è una carissima amica. In fondo è così che ti ho sempre considerata”.
Una madre a sua figlia “Non avere paura di sbagliare, c’è un rimedio a tutto. Se ti scappa una frase infelice , ricordati sempre di dire “non lo pensavo davvero, ero solo arrabbiata”. Metti subito le cose in chiaro non tenerti tutto dentro. Sbagliare è umano. Non essere troppo severa con te stessa e vai avanti”.
Una madre parla alla figlia “Quello che voglio dirti è che a volte la vita ci coglie di sorpresa, facendoci sentire incapaci di affrontare le sue sfide. Se questo dovesse accadere, ricordati che tutte le tue esperienze, anche quelle apparentemente più insignificanti, ti forniranno gli strumenti per superarle”.
Una figlia alla madre “La verità è che mi sforzo ogni giorno di essere come te”. E la madre alla figlia “Sforzati piuttosto di rimanere come sei”.
Frasi sparse tratte dal libro Il bello delle mamme di Dave Isay. Autentico e commovente il libro è un’insieme di interviste e testimonianze sulla maternità. Ne discutono suocere, nuore, figli e figlie, padri e soprattutto loro, le mamme. E dalle parole, profonde e vere, emerge quello che contraddistingue ogni madre, quello che le rende speciali: la devozione e il coraggio. E proprio grazie a questo – fateci caso - nei loro occhi brilla sempre una luce speciale.
Il bello delle mamme, Giunti Editore, pagg 143, 9 euro
venerdì 11 maggio 2012
Impressioni fotografiche dal Salone del libro di Torino 2012
Per le parole avremo tempo, ora lasciamo spazio alle immagini.
Piero Fassino, sindaco di Torino, inaugura la 25esima edizione del Salone del libro di Torino.
"L'edizione di quest'anno è una delle più importanti manifestazioni culturali che la nostra città abbia saputo creare e sviluppare negli ultimi anni. In un mondo in continua trasformazione anche l'editoria non può esimersi di confrontarsi con la rete e con il web. Uno dei dibattiti a cui assisteremo al Salone sarà, appunto, sul destino delle modalità di lettura".
Piero Fassino, sindaco di Torino, inaugura la 25esima edizione del Salone del libro di Torino.
"L'edizione di quest'anno è una delle più importanti manifestazioni culturali che la nostra città abbia saputo creare e sviluppare negli ultimi anni. In un mondo in continua trasformazione anche l'editoria non può esimersi di confrontarsi con la rete e con il web. Uno dei dibattiti a cui assisteremo al Salone sarà, appunto, sul destino delle modalità di lettura".
mercoledì 9 maggio 2012
La mamma è sempre la mamma
“Non scorderò mai mia madre, perché fu lei a piantare e nutrire i primi semi del bene dentro di me” Immanuel Kant
Domenica prossima, 13 maggio, festeggeremo tutte le mamme. E uno dei regali che ancora va per la maggiore in questa ricorrenza è li libro: il classico, i best seller, la narrativa rosa, le novità. Letture per tutti i gusti. L’unica attenzione, per scegliere bene e fare un pensiero gradito, è tener conto dei gusti, del carattere della persona a cui lo si regala. Perché un libro rivela molto della persona che lo legge. Ci siamo fatti aiutare da Carola della Libreria Feltrinelli di Pavia per capire i gusti, tendenze e farci consigliare sul regalo da proporre alle nostre mamme.
Il libro è uno dei regali più graditi per questa ricorrenza.
Assolutamente sì, graditi e ricercati. Insieme ai fiori che comunque sono sempre una valida alternativa.
Quali sono i generi più indicati?
Negli ultimi anni vanno per la maggiore i libri di cucina e la narrativa rosa. Come autori nella sezione cucina la Parodi ha riscosso e riscuote ancora molto successo mentre nei romanzi rosa la Casati Modigliani e Sparks sono intramontabili.
Esistono degli “evergreen” che vengono riscoperti annualmente?
Più che “evergreen” ogni anno vengono pubblicati libri appositamente per la ricorrenza e che vengono promossi, come “Il bello delle mamme”, “Cuore di mamma”, “La mamma è sempre la mamma”.
Un libro che ogni mamma dovrebbe avere?
“Le madri non sbagliano mai” di Giovanni Bollea: questo libro dimostra che essere genitore non è poi così difficile come si pensa.
La confusione e il dubbio di fronte ai propri figli è una cosa naturale. L’unica premura è non farsi prendere dallo sconforto o dall’eccesiva ansia. IL libro di Bollea, Le madri non sbagliano mai” è un valido supporto quando un genitore si pone domande e attende risposte di buon senso.
Suddiviso in brevi capitoletti - la madre, il padre, i figli, i fratelli, i nonni, la scuola, la TV, la lettura – l’autore mette nero su bianco l’esperienza dei suoi incontri con i genitori e segue lo stesso metodo della seduta, lasciando al lettore la libertà di riflettere, interrogarsi e trovare una risposta, senza preoccupazioni.
Le madri non sbagliano mai dimostra invece come l'arte di essere genitori non sia poi così difficile. Basta avere le informazioni fondamentali sulle diverse fasi di sviluppo del bambino e sulle sue esigenze primarie, e utilizzare gli strumenti antichi e semplici dell'amore, dell'ascolto, dell'esempio. Basandosi sull'esperienza clinica e sul proprio metodo di lavoro, Giovanni Bollea offre ai genitori, con chiarezza, naturalezza e un po' di humour, uno strumento duttile di comprensione e una chiave educativa generale per affrontare con serenità i singoli problemi specifici. Guardando ai fatti quotidiani e alle questioni prosastiche della vita familiare si getta luce anche sull'obiettivo principale e più lontano, quello di fare del proprio figlio un bambino felice e un cittadino responsabile: insegnargli a vivere.
Giovanni Bollea (Cigliano, 5 dicembre 1913 – Roma, 6 febbraio 2011) è stato uno psichiatra e medico italiano, padre della moderna neuropsichiatria infantile. ltre al compendio di neuropsichiatria infantile ed a più di 250 lavori, ha pubblicato il bestseller “Le madri non sbagliano mai” (Feltrinelli).
Le madri non sbagliano mai, Feltrinelli, pagg. 176, 7 euro
lunedì 7 maggio 2012
Il campione innamorato
“State per leggere storie di idoli sportivi che hanno dovuto soffrire per l’amore, oltre che per l’onore delle classifiche. Perché non sono riusciti a dire quello che è giusto e normale dire, o hanno osato dire quello che alcuni ancora vorrebbero sentir taciuto.”
Alessandro Cecchi Paone - Flavio Pagano tratto da Il campione innamorato
“Dai primi calci al pallone in parrocchia a oggi, non riesco a quantificare le persone che ho incontrato, e mai mi sono posto il problema di come vivessero la loro sessualità. Sono sicuro che in molti la pensano come me; ciò nonostante, nel mondo dello sport ancora resiste il tabù nei confronti dell’omosessualità”
Cesare Prandelli dall’introduzione de Il campione innamorato
Oggi non si parla d’altro di calcio: perché la Juventus ha vinto lo scudetto, perché il Milan l’ha perso, perché l’Inter ha vinto il derby. E noi rimaniamo in tema parlando di un libro che parla di sport, e anche di calcio. Ma questo libro cerca di fare un passo in più rispetto alle biografie sportive in circolazione, trattare un tema delicato come l’omosessualità nello sport. Gli autori – Flavio Pagano e Alessandro Cecchi Paone ne parlano con professionalità e stile cercando di aprire uno spiraglio per un possibile confronto, e non per un semplice e banale pettegolezzo.
Abbiamo cercato di approfondire il discorso con Flavio Pagano, giornalista e scrittore, autore del libro Il Campione innamorato.La collaborazione fra lei e Alessandro Cecchi Paone ha portato ad altre opere prima de Il campione innamorato.
Sì, la nostra è una collaborazione ormai da lunga data. Abbiamo già scritto un libro insieme, questo è il secondo. Il nostro obiettivo è trattare temi da angolazioni diverse rispetto all’ordinario. In questo caso abbiamo scelto un tema già ampiamente discusso come lo sport ma trattato da un’angolazione particolare, come l’omosessualità.
Come avete affrontato il tema?
Io ho messo la parte di competenza sportiva, Alessandro è conoscitore e sostenitore dei diritti gay. Abbiamo scritto con passione e professionalità, come andava affrontato il tema. Abbiamo scritto 300 pagine documentate riga per riga. E siamo partiti dal mondo greco fino al mondo del sport odierno. Parlando di sport, sì, ma anche di amore.
Com’è lavorare al fianco di Alessandro Cecchi Paone?
E’ una persona efficiente e creativa, sensibile che sa cogliere le idee giuste e le sviluppa con passione. E poi è un esperto di comunicazione, in questo ramo esce al meglio la sua brillante creatività.
L’omosessualità nello sport è un ancora un taboo?
E’ appunto uno dei dati sconcertanti che emerge dal libro, che negli anni non è ancora cambiato nulla. Che su questo argomento c’è da sempre uno scontro aperto.
Quindi c’è ancora sofferenza quando se ne parla?
Certo, e le faccio un esempio tratto dal libro, Justin Fashanu. Ex calciatore del Manchester City, il primo calciatore che venne allo scoperto dichiarando a The Sun in un’intervista che era gay. Pensava di aver fatto da ‘apri pista’ per tanti altri colleghi. L’unica cosa che risultò invece fu il silenzio e l’isolamento. IL resto è storia, ovvero il suo suicidio.
Amarezza intorno al tema?
Le rispondo facendo un altro esmpio. Eudy Simelane fu uccisa con innumerevoli coltellate, il 28 aprile 2008, in seguito a un bestiale tentativo di stupro. Era un’attivista lesbica e una delle migliori giocatrici di calcio che il Sudafrica avesse mai avuto. Più che amarezza io la chiamo brutalità.
Un coming out pericoloso.
C’è sport e sport e dal libro emergenza questa cosa in modo evidente. Nel calcio è ancora molto pericoloso. Anche perché poi i tifosi non si identificano più nel calciatore – eroe. E l’emulazione – io mi sento attraverso te mi sento vincente – scade e perde di valore. Da qui nasce l’isolamento.
Non c’è ancora spazio per un confronto sereno.
Sì infatti. Si litiga, ci si scontra ma non c’è possibilità di confronto. Però la serenità intorno all'omosessualità deve essere l'obiettivo da perseguire.
Frutto di un documentatissimo lavoro di ricerca, teso tra la Storia e l’attualità, ricco di note inedite sui protagonisti del mondo del calcio e di tutte le discipline agonistiche, il libro di Cecchi Paone e Pagano racconta il lato più segreto dello sport: e lo fa come un romanzo che sorprende ed emoziona a ogni pagina. Alternando un excursus storico e sociologico che va dalla mitica Olimpia alla Champions’ League ai 10 indimenticabili ritratti di altrettanti campioni, il libro invita il lettore a scendere in campo in prima persona contro ogni forma di discriminazione, prevaricazione e razzismo. Un invito che il C.T. della Nazionale italiana, Cesare Prandelli, e il presidente della Federazione Italiana Pallacanestro, Dino Meneghin, hanno già raccolto offrendo tutta l’autorevolezza del proprio nome in sostegno alla spregiudicata causa di questo libro.
Vi lascio anche da leggere una dichiarazione interessante di Cesare Prandelli al Corriere della sera Sport:
Flavio Pagano (1962), scrittore, giornalista ed ex editore, collabora con Il Corriere del Mezzogiorno (per il quale cura anche una rubrica di storia del calcio), Il Denaro, Il Manifesto, e prestigiosi periodici. Nel genere della narrativa sportiva ha pubblicato: Quelli che il rugby, Scacco al maratoneta e Il tempo delle mete. Con Alessandro Cecchi Paone è anche autore di La rivolta degli zingari – Auschwitz 1944.
Alessandro Cecchi Paone (1961) è giornalista, saggista, docente universitario, autore e conduttore radiotelevisivo da trentacinque anni. Dopo aver lavorato per i programmi giornalistici della Rai, per dieci anni ha firmato per Mediaset “La macchina del tempo” e “Appuntamento con la storia”. Su Sky è stato direttore del canale Marco Polo.
Il campione innamorato, Giunti Editore, pagg 288, 16.50 euro
venerdì 4 maggio 2012
Viaggiare con i libri
“Subito prima che arrivasse il bivio per Mochudi, dove la strada si dipanava verso la sorgente del Lipompo, il sole sorse sulla pianura, e per qualche minuto il mondo intero non fu altro che pulsazioni oro giallo: le ‘Kopjes’, i rami in cima agli alberi, l’erba secca lungo la strada, perfino al polvere. Il sole, una grande palla rossa, per un attimo restò appeso alla linea dell’orizzonte, poi si liberò e si gonfiò veleggiando su tutta l’Africa: tornarono i colori naturali del giorno e la signora Ramotswe vide in lontananza i tetti che appartenevano alla sua infanzia, gli asini sul ciglio della strada, e le case che spuntavano qua e là fra gli alberi”. (da Le lacrime della giraffa, di Alexander Mc Call Smith)
Ci sono dei libri che sono diari di viaggio. Ci sono dei libri che sono delle guide turistiche romanzate. Ci sono dei saggi scritti su luoghi di tutto il mondo. Hanno in comune di farti scoprire mete lontane, posti ignoti attraverso le parole. Poi ci sono quei libri dove uno dei personaggi è proprio la terra dove è ambientato il romanzo: descrizioni vivaci, scorci mozzafiato, immagini intense che ti sorprendono. E’ come se, pagina dopo pagina, parola dopo parola, venissero scattate bellissime fotografie della terra d’ambientazione del romanzo.
E alla fine del romanzo, quando arrivi all’ultima riga, prima di chiudere il libro avverti la sensazione di essere di casa, di aver scoperto qualcosa di inaspettato del luogo, senza neanche volerlo. Senti la voglia di prendere una valigia, metterci dentro due o tre cose, prenotare il primo volo e scappare a vedere se è come te lo sei immaginato. E se così fosse, allora, abbiamo scoperto il posto più bello del mondo. Questo è il potere del libro: farti viaggiare, inaspettatamente, in libertà.
Per parlare di viaggi e libri abbiamo incontrato Marco, responsabile del famoso blog Non solo turisti (http://nonsoloturisti.it/). Un avviso prima di leggere l’intervista: avete la valigia pronta?
Marco, come nasce il progetto Non solo turisti?
Dopo anni passati in viaggio, abbiamo deciso di far conoscere anche in Italia il mondo dei viaggi indipendenti e per lunghi periodi, attraverso le nostre esperienze personali e quelle di altri viaggiatori che contribuiscono a Non Solo Turisti.
Quali sono i posti che avete visitato che sarebbero perfetti per scrivere un libro?
Sicuramente l'India: un paese in cui si vede davvero di tutto e si vivono esperienze quotidiane difficili da provare in altre parti del mondo. Capita, per esempio, di ritrovarsi di fronte ad un elefante mentre si cammina tranquillamente per strada. Inoltre l'ospitalità della gente non ha rivali ed essendo un paese così variegato si riesce sempre a trovare un luogo in cui perdersi per giorni o settimane, trovando il giusto ambiente e motivazioni per scrivere anche un libro.
Luoghi d'autore: secondo voi, i posti che sono stati più sfruttati in ambito letterario?
Davvero difficile dare una risposta a questa domanda: molti dei libri da noi letti nel campo della letteratura da viaggio sono basati in India e sud est asiatico. Una buona parte anche in sud America, sopratutto in Patagonia.
Nella ‘narrativa di viaggio’ quali sono gli elementi che destano più interesse?
A noi piace molto leggere libri in cui vengono trattati e descritti (in modo anche approfondito) la cultura e le abitudini del luogo, anche se si tratta di piccoli paesi dispersi nelle zone più remote della terra. Sopratutto prima della partenza per un lungo viaggio, ci piace documentarci e leggere romanzi (e non) in cui si parla dei luoghi che toccheremo durante il viaggio. La parte per così dire tecnica non e' sicuramente un aspetto prioritario nella narrativa da viaggio: per questo e' molto più utile reperire le informazioni necessarie tramite guide o riviste specifiche di viaggio.
“Sono nell’Isola dei canguri. E’ incredibile. Un’oasi di ogni cosa. L’isola è grande, lungo le strade che costeggiano scogliere immerse nel verde, canguri sostano incuriositi al passaggio di una bicicletta, poi un balzo e sono già nascosti dietro gli alberi. E’ tutto una spiaggia, a pochi metri dalla costa subito vegetazione. Stanotte ho dormito in un manto di conchiglie, in un golfo solitario”. (da Cuore a pedali di Alessandro Bossini)
(fonte: Bing)
Marco e Felicity, sono due “ragazzi” che stanchi della routine e della vita quotidiana, nel lontano 2005 decidono di lasciare tutto e partire per un lungo viaggio. Da allora non si siamo più fermati, visitando oltre 60 nazioni in 5 continenti. Nel 2010 nasce http://thinkingnomads.com/, blog in lingua inglese dedicato a viaggi, viaggiatori, avventure e stili di vita indipendenti. Il sito diventa da subito molto seguito al punto che nasce l’idea di crearne uno in versione tutta italiana, http://nonsoloturisti.it/ il quale, a sua volta, diventerà (nel giro di pochi mesi) uno dei maggiori travel blog italiani.
mercoledì 2 maggio 2012
Pane e bugie
"Io continuerò a consumare pesto. Non perché sia sicuro che sia innocuo, ma semplicemente perché mi piace e sono ragionevolmente convinto che non sia più pericoloso di altre cose consumo quotidianamente” (da Pane e bugie, di Dario Bressanini, Chiarelettere).
Cosa ordiniamo quotidianamente al bar quando siamo indecisi su cosa mangiare? Pane e bugie.
Bugie sono quelle che ci vengono raccontate quotidianamente su alimenti che ci fanno passare per miracolosi o mortali, che in realtà non sono. Sono semplicemente dei cibi che come tali vanno presi e consumati in moderazione. E con un equilibrio tutto può essere consumato. E dopo aver detto ciò cosa ci rimane? Delle grandi leggende metropolitane, e siamo noi a decidere se diventare critici oppure continuare a credere, classificando i cibi per buono o cattivo. Urge un vaccino, in tal senso. Il libro Pane e bugie è una lanterna che chiarisce scientificamente alcuni grandi casi – diventati mediatici – su alcuni alimenti. Ne abbiamo parlato con lo scrittore Dario Bressanini.
Il suo libro evoca alla sana informazione come presupposto per una sana alimentazione.
Il mio invito è a non fidarsi troppo, crearsi un giudizio, porsi domande, non credere esattamente a tutto come viene descritto attraverso i media.
A chi è destinato?
A tutti, perché uno dei miei obiettivi è stato sfatare grandi miti e leggende metropolitane, sia sul cibo che sui sistemi di produzione, ad esempio il biologico o i kilometri zero.
Ne ha raccolte parecchie di grandi bugie nel suo libro.
Il libro ha preso alcuni casi in esame e di come è stata fatta informazione. Ad esempio, tanti pensano che lo zucchero di canna sia migliore di quello bianco. Non è vero. Oppure l’apporto nutrizionale del cibo biologico sia più elevato, in realtà di elevato ha solo il costo. Questa ‘cattiva informazione’ ha portato a catalogare tutti i prodotti in buoni o cattivi.
Ha notato una certa ansia generalizzata?
Certo. C’è l’ossessione che il cibo debba essere buono, che non faccia male alla salute. Inoltre c’è l’angoscia del non sapere più, a differenza di un tempo in c’erano le fattorie, da dove arrivano i prodotti. Questo spaventa.
A suo giudizio il cibo è controllato?
Direi iper controllato. Se facciamo un confronto con un tempo ora ci sono sicuramente più controlli. Abbiamo però perso la memoria storica di quella che mangiamo. Le faccio un esempio: ora si parla solo del latte crudo. Si beve solo pastorizzato ma è una mitizzazione, un tempo non era così.
E sul pesto?
Grande scandalo! Si è venuti a scoprire che il pesto giovane in grandi quantità ha sostanze cancerogene. Quindi? Titoli sui giornali ‘ Il pesto è cancerogeno” (anni 2005-2006). In realtà se consumato con equilibrio – e cioè non tutti i giorni dalla mattina alla sera – il pesto non ha questi effetti. Solo che i giornali quando hanno dato la notizia non si sono premuniti di fare una ricerca scientifica sulla cosa.
Sul glutammato altro grande caso…
Sì, ma in pochi sanno che in Cina viene utilizzato normalmente – per insaporire i cibi – dal 1907.
Però da noi in Occidente c’ è una diffidenza che non ha basi. E questo cosa ha portato? Basta dadi a base di glutammato. Sapete qual è il cibo con il più alto tasso di glutammato? Il formaggio Parmiggiano.
Quindi il problema a suo giudizio è alla base, cioè nel verificare l’informazione, soprattutto a livello scientifico, prima di renderla pubblica e creare giudizi avventati?
Nelle redazioni non ci sono più i redattori scientifici e questo significa che le persone che maneggiano questi temi quotidianamente non siano competenti. Ci vorrebbe più rispetto per il lettori, verificando sempre quanto l’informazione sia vera e quanto di scientifico ci sia. Anche se la scienza a tempi lunghi gli scoop, come tutti sappiamo, no. E questi ultimi fanno vendere le copie. Quindi il mio invito è diretto al lettore: iniziamo a guardare con occhio critico le notizie che leggiamo o sentiamo quotidianamente prima di catalogare tutti gli alimenti in buono e cattivo.
“Siamo circondati dal cibo. Noi Italiani non ne abbiamo mai avuto così tanto a disposizione e in tal verità, dal fast food di massa ai prodotti gastronomici di nicchia. La capillarità della reste di distribuzione ci consente di fare la spesa nei tipici mercati rionali in fornitissimi supermercati. Se prima della seconda guerra mondiale l’italiano spendeva per mangiare più della metà del proprio reddito, ora ne spende meno del 20%. Dovremmo essere contenti di poter scegliere senza aver troppi problemi ciò che intendiamo consumare, avendo a disposizione un assortimento senza precedenti. Eppure non siamo mai stati così ansiosi rispetto al cibo”. ( da Pane e bugie)
Dario Bressanini è ricercatore presso il Dipartimento di scienze chimiche e ambientali dell’Università dell’Insubria. Cura da diversi anni il fortunato blog “Scienza in cucina”.
Pane e bugie, Chiarelettere, pagg 320, 13.60 euro.
martedì 1 maggio 2012
Alice senza niente
“D’accordo, che m’importa, ho il mio libro a cui pensare. Lo intitolo “Alice, di professione aspirante”. Perché è questo che sono: un giorno aspirante cassiera, un giorno aspirante bancaria, un giorno aspirante infermiera, e sempre e comunque aspirante aria.” (da Alice senza Niente, di Pietro De Viola)
Primo Maggio. Su facebook lancio la provocazione che forse il primo maggio di quest’anno deve servire più che a festeggiare il lavoratore a riflettere sulla attuale condizione lavorativa del nostro paese, sulla disoccupazione e sulla mancanza di dignità. Mi rispondono in tanti. Perché non è vero che c’è indifferenza nei giovani, c’è solo dove non si vuole sentire. L’urlo dei giovani è forte e ben distinto. La conferma della forma del disagio e della dimensione del problema è il successo editoriale, e il seguito, del romanzo di Pietro De Viola, Alice senza niente.
Un romanzo che parla di una giovane donna, Alice, alle prese con l’inserimento nell’attuale mercato del lavoro. Un susseguirsi di no, precariato, frustrazione. E dopo tanto impegno alla fine cosa ha Alice? Niente.
Lanciato come ebook gratuito in rete sono state scaricate più di 950 copie dal sito dedicato al romanzo in meno di ventiquattrore ore.
Abbiamo raggiunto lo scrittore, Pietro De Viola, per farci spiegare l’idea del suo romanzo.Vista la sua esperienza e quella della protagonista, il libro sembra un romanzo autobiografico.
È vero, molti hanno colto questa “identità”. Ma io ho sempre voluto spiegare che “Alice senza niente” è l’autobiografia di milioni di giovani italiani. Che poi potesse essere anche la mia mi sembra una cosa meno importante.
Come è nata l'idea di questo libro?
Era appena scaduto l’ennesimo contratto trimestrale, mi ritrovano nuovamente disoccupato e in bilico sul nulla. Ho detto: “basta, faccio qualcosa per me stesso, è giunto il momento di provare a sognare. Se non lo faccio ora non lo faccio più.” L’ho fatto.
Cosa caratterizza la protagonista, Alice?
In poche parole: vertigine, disillusione, fame (e non solo di vita e sogni.)
E’ un libro in cui, a suo giudizio, i giovani italiani posso facilmente immedesimarsi?
Si, purtroppo possono immedesimarsi. La conferma sono le centinaia di lettere che ricevo ogni giorno.
Alice senza niente è stato un fenomeno di comunicazione sensazionale. Come nasce l'idea del' ebook gratuito?
Di notte, svegliandomi all’improvviso. Ho detto: cavoli, non l’ha fatto ancora nessuno! Poi ho scoperto che in realtà qualcuno l’aveva già fatto, ma è andata bene lo stesso.
I social network hanno aiutato la propagazione di questo romanzo e hanno aiutato la nascita di questa comunità di giovani ‘Alice senza niente’ che si confrontano quotidianamente.
Si, e questa è una cosa straordinaria. Poter comunicare con chi ti ha letto, rispondere alle varie curiosità, a volte “scontrarsi” su alcuni punti, credo rappresenti una opportunità per tutti quelli che vorrebbero scrivere per vivere.
Da contratto a termine a essere scrittore. Emozione?
Io sono uno scrittore???
Sta già lavorando ad un altro libro?
Si, ma non credo che uscirà mai.
Le piace leggere?
Tantissimo. Preferisco leggere a scrivere. Anzi, direi quasi che scrivere non è che mi piaccia così tanto.
Una curiosità: il suo libro o autore preferito?
Questa è una domanda cui non so rispondere. Ho amato autori straordinari, e tutti occupano il primo gradino di un podio immenso. Penso solo a Miller, Gogol, Dostoevskij, García Márquez, Foster Wallace, Pirandello... Rischio di non fermarmi più.
Rispondo e chiudo sul mio post di facebook dicendo che forse il vero problema del nostro paese è l’indifferenza. Perché solo chi vive la condizione del precariato e della disoccupazione se ne interessa. Gli altri, ringraziano di non esserci, e poi timidamente, si dimenticano del problema. Una presa di coscienza collettiva: mi tornano nella mente queste parole.
E penso che anche io sono, in fondo, un’ Alice senza niente. Lo siamo un po’ tutti. E la propagazione dell’iniziativa su twitter #iosonoalice lo conferma. Provate a farci un giro e scoprirete perché. Prima di spegnere tutto attacco uno stick sul mio pc con la scritta #iosonoalice. Alice senza niente si è in tanti, tantissimi, in Italia. Il romanzo ha riunito le voci e ha ridato coraggio. Non si è più soli.
Il suo sogno più grande di Alice è quello di riuscire, prima o poi, a diventare almeno precaria.
Pietro De Viola è nato in Sicilia nel 1980. Laureato in Scienze politiche, ha lavorato (mai per più di tre mesi di fila) come insegnante privato, volantinatore, agente immobiliare, operaio generico, cassiere, magazziniere, repartista, venditore telefonico, operatore fiscale. Questo è il suo primo romanzo.
Alice senza niente, Terre di mezzo, pagg.94, euro 10.
Iscriviti a:
Post (Atom)